venerdì 30 marzo 2012

Marcovaldo


Ho avuto pochissimo tempo in questi due mesi e poca voglia di leggere. Ma non posso lasciare gli amici di "Ci piace leggere" senza uno straccio di recensione. Avrei voluto affrontare qualcosa di più impegnativo, e infatti mi sono comperato "Eremita a Parigi", le pagine autobiografiche scritte da Italo Calvino nel suo lungo soggiorno parigino.

Invece ho rimesso mano a "Marcovaldo", che ho letto alle medie - sì, è lo stesso volume, conservato da allora, quello tutto bianco con tre righe rosse della collana Einaudi "Letture per la scuola media": c'è anche un bel disegno astratto in bianco e nero di Paul Klee. Tutto qui? - mi direte - fai solo estetica, parli di copertine e di vecchi ricordi, ti lasci andare come fai talora alla nostalgia per un tempo che non tornerà... 

D'accordo, allora. È un Calvino per ragazzi, tanto che i racconti furono pensati proprio per quella fascia d'età, ma ciò non toglie che siano bellissimi, che Marcovaldo anticipi con la sua ingenuità strampalata "Palomar", altro personaggio che ho amato, negli anni Ottanta. In Marcovaldo c'è tutto: anticipa anche Fantozzi con la Sbav, che altro non è che la madre della "Megaditta" di Villaggio. C'è l'ambientalismo, perché la città non nominata è un grigio alveare di cemento e scritte pubblicitarie. Memorabile è il racconto in cui la luna si mescola al lampeggiante GNAC della Spaak-COGNAC. E spettacolare il contrasto tra una società industriale e moderna e i nomi medievali dei personaggi: Marcovaldo, la moglie Domitilla, la figlia Isolina, il caporeparto Viligelmo, Fiordiligi, la signora Diomira, il signor Rizieri, il dottor Godifredo.

Ed è stato uno spasso ripercorrere tanti anni dopo, con occhi ormai maturi le strade di Marcovaldo: le sue preoccupazioni per la crisi economica ma anche il sogno, la libertà di camminare per le strade deserte di agosto proprio sulla linea di mezzeria, salvo poi ripiombare a terra per lo spavento di un'auto passata a grande velocità. È stato uno spasso mettersi al fianco di quell'uomo buffo  - e qualche volta anche dentro di lui, dentro il suo cuore, perché "Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l'attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c'era tafano sul dorso d'un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse"...



domenica 11 marzo 2012

IL VISCONTE DIMEZZATO di ITALO CALVINO

La fiaba dallo stile moderno, ironica e ricca di humor, narra le vicende del visconte Meardo che, partecipando ad una guerra tra cristiani e turchi, viene colpito da una palla di cannone, rimanendo diviso nettamente in due parti. Una parte sarà cattiva e vendicativa, l'altra buona e generosa.
 La fiaba è ricca di spunti di riflessione sulla condizione dell'uomo diviso a metà tra bene e male, istinto e coscienza morale e che deve trovare una riconciliazione dei due sè e ristrutturarsi in una consapevolezza superiore. Tutti i personaggi, a ben vedere, rivelano una certa ambiguità nel loro modo di vivere: oscillazione perenne di ogni essere umano. Tra i vari personaggi spicca Mastro Pietrochiodo abile nel costruire strumenti di tortura per il Visconte cattivo che, alla fine, riscatterà il mondo della scienza con l'impiego delle sue tremende macchine al servizio del Bene.
Riporto dei brani, a mio parere, molto significativi di questa fantastica storia: nel primo brano parla il Meardo cattivo, nel secondo il Meardo buono.
"Così si potesse dimezzare ogni cosa intera, così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l'aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te lo auguro,ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perchè la bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani"
Allora il buon Meardo disse:- O Pamela, questo è il bene dell'esser dimezzato: il capire d'ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma tu pure e tutti. Ecco ora io ho una fraternità che prima, da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo. Se verrai con me, Pamela, imparerai a soffrire dei mali di ciascuno e a curare i tuoi curando i loro.